martedì 17 gennaio 2012


Nei primi decenni dell'Ottocento si iniziò a sentire l'esigenza di una via di comunicazione più rapida fra i vari paesi della Pedemontana del Grappa; già Antonio Canova nel 1820 si era reso conto della necessità di una strada che scavalcasse la valle del Lastego e si era rivolto all'ingegner Angelo Casarotti di Schio, progettista diventato famoso in quegli stessi anni grazie alla ricostruzione del ponte di Bassano, che riproponeva l'originario progetto palladiano. Si trattava di inserire, all'interno della Strada Molinetto, un troncone che unisse i due speroni divisori tra Fietta e Crespano ed evitasse il disagevole attraversamento della vallata o un lungo percorso più a sud. L'ing.Casarotti sembrava essere la persona più adatta per i suoi studi idraulici e per le numerose progettazioni di strade e ponti nel Vicentino e nel Padovano. Di lì a qualche anno il Canova morì, ma il suo disegno di collegare Bassano con Possagno venne ripreso dal fratellastro, monsignor Sartori Canova, che ne proseguiva l'attività di munifico mecenate del territorio pedemontano.


La valle del Lastego che si era venuta a creare a pochi metri dall'abitato crespanese era impervia e di difficile attraversamento; necessitava quindi di un ponte o di un'agevolazione, specie allora che si rendeva d'obbligo una via più rapida per raggiungere Possagno, patria del Fidia italico; monsignor Sartori Canova si fece promotore di questo ammodernamento dell'area, a partire dalla costruzione della Strada Molinetto, per seguire con il finanziamento di opere artistico-architettoniche, in particolar modo nei paesi di Possagno e Crespano.


Con un dispaccio dell'8 ottobre 1827 il Governo decise per la costruzione della Strada pedemontana nei due tronchi detti il Salto di Crespano e il Ponteggio di Possagno con spesa di Lire 59.971 e 49 centesimi, anticipate da monsignor Sartori Canova. Il successivo 14 gennaio l'appalto venne vinto dal crespanese Giovanni Collagusi mentre come supervisore dei lavori venne eletto Giovanni Zardo Fantolin, cugino di Canova, che si era reso famoso come capomastro nella costruzione del tempio canoviano e del Santuario del Covolo.


In una lettera datata 9 gennaio 1828 monsignor Sartori Canova tornava a patrocinare la causa del ponte chiedendo all'Imperial Regio Governo che venisse preposto alla direzione e sorveglianza dei lavori “l’Autor del progetto signor Ingegner Casarotti, o altro ingegnere destinato dalla Direzione delle pubbliche Costruzioni, ovvero il Signor Ingegner in Capo della Provincia di Treviso”. La sua richiesta venne presto esaudita e nell'arco di circa due anni i lavori vennero conclusi; si costruì così un ponte ad un unico arco, con una corda di 40 metri che ben presto venne equiparato ai rinomati ponti di Rialto a Venezia e di Castelvecchio a Verona.


L'inaugurazione ufficiale avvenne il 17 aprile 1830, alla presenza del viceré Ranieri d'Asburgo Lorena e della moglie Elisabetta di Savoia-Carignano. Durante la sua visita l'arciduca rimase colpito dalla grandiosità dell'opera e si congratulò con le autorità municipali ed il progettista che si era unito al corteo; pare che in questa circostanza, compiaciuto, abbia esclamato: "Quest'opera sfiderà il corso dei secoli!" Mai una profezia fu meno veritiera e funesta; infatti, dopo solo 15 giorni, domenica 2 maggio il ponte crollò disastrosamente, senza per fortuna mietere vittime. I materiali scadenti utilizzati durante i lavori avevano causato un dislocamento laterale ed il successivo crollo; seguirono accertamenti per appurare i reali responsabili di tale calamità, ma l'ing.Casarotti risultò non esserne il responsabile tanto che il suo primo progetto venne riconfermato per la ricostruzione del ponte.


Nell'estate 1831 il comune di Crespano approvò la riedificazione del ponte e nel successivo 1832 monsignor Sartori Canova tentò di affrettare i lavori stanziando altri 18 mila franchi, ma il suo progetto di concludere l'opera entro il mese di dicembre 1833 non andò in porto. L'appalto per i secondi lavori venne vinto dal veneziano Bartolomeo Aseo e da Carlo Bozzi detto Bravetti; la ricostruzione del ponte avvenne in modo singolare, mediante la disposizione sopra la centina, sorretta da una sola armatura a candele, di cassette di legno, collocate come una serie di conci, tutte riempite di terra e sabbia; dopo che la centina venne regolarizzata, furono levate ad una ad una tali cassette e sostituite con altrettanta muratura in cotto e così fino alla completa chiusura in chiave del volto.


I lavori di ricostruzione furono più lunghi e complessi del previsto, fra gare di appalto, restauri, accertamenti, rifiniture e collaudi; nella primavera 1836 la strada del ponte venne riaperta al traffico di vetture anche se solamente nel 1840 l'ingegner Casarotti poté sottoscrivere il collaudo ufficiale per i lavori conclusi nel tratto di strada interessato dall'attraversamento del ponte.


Già durante i lavori di attuazione del primo progetto, il ponte di Crespano fu meta costante di un turismo locale e straniero; architetti, poeti, giornalisti, semplici visitatori accorrevano per ammirare l'ardito ponte da un unico volto che era uno dei massimi esempi della moderna ingegneria e dell'architettura in territorio veneto. Per questo motivo numerose furono le pubblicazioni che, a partire dagli anni '30 del XIX secolo, citarono il ponte ad un solo arco fra le grandi attrazioni del Trevigiano. Emblematiche di questo clima sono le parole dello scrittore asolano Antonio Pivetta che conclude la trattazione sul ponte in maniera molto enfatica: “Se in altra posizione si ritrovasse ad essere costruito, ed al di sotto avesse un ampio fiume corrente, lo si potrebbe ritenere per l'ottava delle maraviglie che adornavano ed in parte adornano l'Universo”.


La successiva storia del ponte è meno concitata e densa di avvenimenti: passata indenne ai bombardamenti della Prima Guerra Mondiale, l'opera mostrò segni di cedimento negli anni '20, non così gravi però da allarmare il Genio Civile di Treviso. La richiesta di sussidi e sovvenzioni per danni di guerra, a fine anni '40, venne rigettata e si dovette aspettare gli anni '80 per un reale intervento di ristrutturazione e consolidamento. In quest'occasione venne svuotato il riempimento al di sopra dell'arco, lasciando la struttura originale inalterata ed inserendo al suo interno una struttura d'acciaio-calcestruzzo; i carichi dovuti al traffico infatti si scaricavano, grazie a questo intervento, attraverso tre grandi travi in acciaio su 3 mensole in cemento armato, a loro volta ancorate su due grandi blocchi laterali in cemento.


L'aumento del traffico nel tratto stradale del ponte ha reso necessari, in anni più recenti, dei nuovi e più radicali lavori di restauro. Nel marzo 2008 è stato inaugurato il ponte, dopo i necessari lavori di risanamento e restauro che l'avevano visto protagonista nei precedenti tre anni; la soluzione adottata prevedeva il rinforzo delle mensole e dei contrappesi del ponte per mezzo dell’infissione di micropali, la realizzazione di appoggi antisismici, di nuove travi di rinforzo in acciaio corten e di una nuova soletta collaborante.

Angelo Casarotti (1773-1842), originario di Schio, si perfezionò a Vicenza per poi entrare a far parte del Dipartimento Ponti e Strade del Governo Austriaco. Fra le sue opere più celebri ricordiamo la ricostruzione del ponte di Bassano (1819-1821), secondo il porgetto palladiano, la costruzione del ponte di Crespano (1828-1830) e successiva ricostruzione sempre su suo progetto originario (1832-1836). In area veneziana la sua carriera ebbe una battuta d'arresto per l'ingerenza dell'ingegner Pietro Paleocapa. Morì a Venezia il 1° settembre 1842 e venne sepolto nel cimitero dell'isola di San Michele.




Il testo è in vendita a 12 € facendone richiesta al seguente indirizzo: icopisky@gmail.com

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